Flora Tristan (Parigi, 7 aprile 1803 – Bordeaux, 14 novembre 1844) Nonna di Paul Gauguin, femminista ante litteram fonda l’ “Unione operaia” nel 1843. Incipit: La donna dall’uomo è pensata come simbolo, è ideale di bellezza, intesa come estetica del mondo, come grafica di libertà, come notizia d’immortalità e in questo modo riesce ad amarla, ma se ne sente l’odore, ne tocca la carne non la riconosce, e la prende come un bisogno suo, una pastasciutta mangiata in una gamella dopo aver spaccato pietre sotto al sole, il greve nutrimento per la fatica di stare nel mondo. Ancora non sa che sta divorando senza sentirne il gusto i suoi ideali e non
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La Grana della Voce – Polifonie poetiche
La parola distillata della poesia si fonde con la parola evocata del canto polifonico, diventando intimità donata al pubblico in un incontro di culture attraverso i fonemi dei popoli, bulgari giorgiani, macedoni, spagnoli, argentini carlofortini.Il lavoro è presentato dai giovani attori del gruppo teatrale Cronopios dell’isola di San Pietro
Cosa fa vivere gli uomini – Lettura/Spettacolo
In occasione del centenario dalla morte di Lev Tolstoj “Capita al calzolaio Semen, molto povero e nella difficoltà di provvedere alla propria famiglia, di soccorrere uno sconosciuto che trova nudo nella neve ed al quale offre subito il suo caffettano (l’unico per tutta la famiglia) per proteggerlo dal freddo e di accoglierlo in casa …”
Il sogno di un uomo ridicolo
Quasi due secoli fa Dostoievskij invitava l’uomo a porsi di fronte alla propria corruzione che oggi, dopo duecento anni, sembra difetto della comunità, delle sue forme economiche e politiche.
Sciupatina e le mani d’argento
La trovarobe Jambe va in giro per il mondo a e cercare cose vecchie da accomodare. Si presenta al pubblico trascinando un carretto zeppo di cianfrusaglie di ogni genere, in particolare bambole di tutte le misure. Racconta di quanto le piacciono le cose vecchie e rotte, perché le mani di tanta gente, di tutte l‘età, le hanno toccate lasciando ognuno un’emozione che diventerà storia da raccontare. Jambe ha un singolare
Quando riuscivamo a morire
Miriam riemerge dal sottosuolo e racconta il suo viaggio, la sua passione per i pozzi e la sua curiosità di vederne il fondo. Racconta dei suoi incontri, il più emblematico è quello con una giovane di nome Core, con cui Miriam s’idenfica al punto di rivivere come esperienza diretta la sua storia, quella di Minte la ninfa dei fiumi amante di Ade, sposo di Core. Racconta come Core ha massacrato la giovane in preda ad una lucida follia, come ne abbia fatto poltiglia e come questo atto estremo le abbia insegnato la purezza. Racconta che
Ivan lo scemo
La storia, tratta dal racconto di Lev Tolstoj e affidata a tre cuntatori, narra i tentativi del diavolo di rompere l’armonia di Ivan, della sua famiglia e dei suoi sudditi. La narrazione, che fa leva su quella morale “popolare” che invita ad addomesticare il diavolo piuttosto che combatterlo, diviene il mezzo per sottolineare come la purezza dell’anima umana possa contrastare artefici e inganni, come un “ti voglio bene” possa distruggere ogni forma di male: diavolo compreso. Diabolo, indispettito dall’armonia in cui vive la famiglia di Ivan, s’ingegna per farli impoverire in modo che poi “si strappino gli occhi a vicenda”.
Ricordi di pane
Tre giovani panettiere, durante la panificazione notturna, svelano i segreti, tramandati da generazioni, che trasformano l’impasto d’acqua e farina in buon pane. Uno di questi consiste nel raccontare storie all’impasto, “storie di Gente antica”. Questo è il viatico per i tre racconti, basati su tre miti di pane e di vino della cultura occidentale. Il primo è quello di Dioniso e Ampelo, la creazione della vite, la nascita del vino ed i suoi effetti. Il secondo, il mito di Demofoonte in cui il mistero della trasformazione come insegna Demetra è affidato al tempo, ”…il segreto fondamentale per fare del buon pane è il tempo di cottura”.
La palla di vetro
“Una maga aveva tre figli che si amavano fraternamente, ma lei non se ne fidava, temeva volessero spodestarla e allora.” Tra canti e incantesimi, tre fratelli, un’aquila, una balena e un ragazzo si perdono e si ritrovano in un mondo di magie strampalate in cui si snoda il racconto della fiaba dei fratelli Grimm. Lo spettacolo è stato pensato per ogni spazio, in situazioni intime come quelle di una classe. La storia si sviluppa attraverso più tecniche narrative: – un’ affabulazione diretta con cui il narratore suscita immagini grazie alla potenza fascinatrice della parola. – l’animazione di grandi pupazzi e piccoli oggetti che trasportano l’azione dal macro al micro creando momenti di attenzione diversa. – l’uso espressivo del corpo e della voce attraverso tecniche puramente attoriali. La musica, sia vocale che strumentale è elemento narrativo che mira a coinvolgere direttamente il bambino, facendolo diventare parte attiva della storia.
La regina del punto
«La regina del punto» del gruppo Cronopios e prodotto dalla compagnia carlofortina Botti du schoggiu, è uno spettacolo che ruota intorno al concetto di memoria. La memoria è quella delle storie che Susanna Mannelli la regista, e Ciro Parodo il drammaturgo, hanno reinventato, dopo averle recuperate, da quel tessuto di miti che dentro l’isola tabarchina resistono ostinatamente, come le fiabe che si tramandavano di voce in voce nelle società legate ancora al lavoro della terra e ai cicli della natura. Storie di magia che parlano dei luoghi, che ne spiegano l’origine geografica, le simbologie. La memoria è anche nel progetto scenico che si rifà a un’idea di teatro che oggi forse è un po’ desueta, legata a una forte fisicità, da teatro gestuale, dei corpi e degli oggetti, ma che rivela un rigoroso lavoro di ricerca.
Studi su Antigone
“E’ guerra Argo contro Tebe. Due fratelli si scontrano. Uno guida l’esercito di Argo, Polinice. L’altro difende Tebe, Eteocle. Si uccidono a vicenda. Lo zio, la zia nel nostro caso eredita il potere e odia Polinice perché va contro la sua terra e decide che non sia sepolto. Guai a chi ci prova, è un grave delitto. La nipote e la sorella dei due, Antigone si rifiuta di obbedire,lo seppellisce e viene condannata.” Lo spettacolo è una rilettura al femminile dell’Antigone di Sofocle, Creonte diventa Ipponome madre dell’uomo che Antigone dovrà sposare. Come donna sembra cercare l’immortalità in un’idea di potere estrema che le permette di mettersi in competizione con la futura sposa di suo figlio,di cui vagheggia essere l’eterno punto di riferimento.